Arte Italiana 1860-1940
A cura di Massimo Bertozzi
9 luglio – 30 ottobre 2022
Palazzo Cucchiari – Fondazione Giorgio Conti Onlus
Via Cucchiari, 1 – Carrara
Orari
LUGLIO – AGOSTO – SETTEMBRE
martedì – mercoledì – giovedì – domenica 09:30 – 12:30 | 16:00 – 20:00
venerdì – sabato 09:30 – 12:30 | 16:00 – 23:00
OTTOBRE
martedì – mercoledì – giovedì – domenica 09:30 – 12:30 | 16:00 – 20:00
venerdì – sabato09:30 – 12:30 | 16:00 – 21:00
GIORNO DI CHIUSURA IL LUNEDÌ
Info: 0585 72355 – info@palazzocucchiari.it
Biglietto d’ingresso
INTERO: €10,00
RIDOTTO: €8,00
GRUPPI (da 10 a 29): €8,00
GRUPPI (da 30 in su): €7,00
SCUOLE: €4,00 (2 accompagnatori gratuiti per scolaresche)
GRATUITI: Giovani fino a 8 anni accompagnati dai genitori – Portatori di handicap e accompagnatore – Giornalisti con tesserino nazionale
Sponsor: R.E.D. Graniti S.p.A.
Media partner: Finestre sull’Arte
E fuori un mare tutto fresco di colore (Sandro Penna)
Non lasciamoci ingannare, la bellezza dei luoghi non è gratis, nemmeno in questa terra stretta e schiacciata, in faccia a un mare conteso tra Toscana e Liguria.
Perché non abbiamo a che fare con un ultimo scampolo di paradiso, ma con uno spazio strappato alla natura, lentamente e con fatica.
Una pianura sottile spinta, ma quasi mai attratta, verso il mare dall’incombere di montagne arcigne, che troncano la vista, sottraggono spazio, e concedono agli uomini e agli animali solo impervi sentieri; su per fianchi ripidi e scoscesi, dove ogni palmo di terra piatta è costata secoli di fatiche, notti insonni e quotidiane preoccupazioni.
Una terra strappata, nel corso di un eterno corpo a corpo, all’ostilità delle acque, quelle tumultuose che sfondano gli argini, scavano la terra e la trascinano a valle, e quelle stagnanti, che impaludavano la pianura, rendendola inospitale, infetta e malarica.
È così che qui l’uomo si è dovuto abituare a vivere tra la terra ed il mare, rivolto a una immutabile linea di orizzonte, non temendo né la pioggia né la polvere, aggrappato ad antiche confidenze e a sapori primitivi, l’uliva amara, il grano tenero, l’uva asprigna.
A scudo di una montagna, che rivolge al mare il suo volto severo e la sua mole imponente, le di colline ferrose che precipitano in mare, l’uomo ha disegnato questo orizzonte, domestico, ma solo in apparenza: autoctoni sono gli ulivi, il fico e la vite, e più in alto i castagni, ma poi tutto il resto viene da fuori: i cipressi di Persia, gli aranci d’Arabia e i cedri del Libano, le albicocche di Palestina e i nespoli del Giappone, le palme dell’Africa.
Una terra che accoglie e naturalizza piante esotiche e alberi da frutta, e poi ancora ortaggi e verdure, così come accoglie e naturalizza i forestieri: viandanti solitari e guerrieri sbandati, viaggiatori distratti, gente curiosa e artisti fuori rotta.
Una terra avvezza all’umidore di scirocco come alla tempesta di libeccio, o alla stanca bonaccia di Provenza, ma non al gelo di tramontana che si cheta da solo sui fianchi delle montagne, è comunque dal mare che riceve gli odori del mondo e i richiami dell’avventura.
Nell’aria limpida del tramonto, l’Elba, e Capraia e Gorgona, e su fino alla Palmaria, in faccia a Portovenere, sembrano invitare verso un altro mare, mentre dall’alto il pascolo delle capre, gli alpeggi dei pastori, le marmitte dei giganti, materializzano improvvisamente il mito di Orfeo, oscuro e preoccupante.
Ma le ombre di oscuri presagi non hanno appannato lo sciame di immagini che il mare riversa da sempre sulle spiagge, in quel panorama quotidiano dove si specchiano e si confondono il sogno del mito e la fatica della storia.
A tutto questo è dedicata questa mostra, così articolata:
Il mare dell’immaginazione: miti e visioni
Il mare dell’immaginazione è solo in apparenza lontano e altrove; in realtà è il mare della vicinanza, del ricordo che accorcia le distanze, perché si annida nella memoria di tutti, quella dove si deposita la parte migliore del passato, ad alimentare sogni e visioni di cui sul mare non c’è mai stata penuria.
Un mondo di sabbia: orizzonti tra terra e mare
Il mare del realismo, dai macchiaioli in poi, è una condizione della natura, con le sue brume mattutine e i suoi tramonti accecanti, così come il mare delle tenebre, che per i poeti epici aveva il colore del vino; in ogni caso è un mare per gente terragna, che dipinge all’aria aperta e in piena luce, ma pur sempre con i piedi e il cavalletto ben piantati per terra.
Andar per mare: costrizione e avventura
Nei gesti, nelle le voci e nei colori degli uomini che vivono e lavorano sul mare si racconta il trapassare dalla natura alla storia: quando la vita di tutti i giorni riverbera nello specchio della poesia e dell’arte.
Andare al mare: la villeggiatura
La geometria delle cabine, i triangoli bianchi delle vele, i colori pastello delle sdraio e degli ombrelloni, il tutto racchiuso tra l’azzurro del mare, il grigio degli arenili e il verde delle pinete: assai più che un pretesto, un prepotente stimolo a dipingere: sul mare anche la pittura trova le sue trasmigrazioni, come i pesci, come gli uccelli, come i popoli.
Gli oggetti del mare: la natura ricordata
Raccoglitori di conchiglie, collezionisti di sassi rotondi e vetri colorati, innamorati dei relitti di antichi naufragi, attratti dal luccichio colorato dei pesci e crostacei, i pittori di nature morte, sembrano tutti epigoni di Angiò “uomo d’acqua” che, sulla spiaggia di Viareggio, raccoglieva gli straccalli del fiume Magra, per adornare la sua povera capanna di frasche.
L’uomo e il mare: il corpo della scultura
Nei domini della scultura si è sempre messo a nudo il corpo dell’uomo, e della donna; al mare sembra accadere la stessa cosa: la cosiddetta vita di spiaggia è infatti mangiare, dormire, bagnarsi divertirsi, con l’intenzione di ristorare la mente, ma alla fine lo scopo sembra piuttosto quello di nutrire il corpo e di esibire il fisico.
La selezione degli artisti spazia così dalle varie scuole dei macchiaioli (Fattori) e post macchiaioli (Lloyd, Ulvi Liegi, Puccini) ai pittori cosiddetti labronici (March e Natali), dalla figurazione simbolista (Sartorio, Benvenuti, Baracchini Caputi), dal mondo colorato dei divisionisti (Nomellini) alla stagione delle avanguardie (Ram, Thayaht) e dei “ritorni all’ordine”, con richiami alle grandi individualità dell’arte italiana, De Chirico, Savinio, De Pisis, Campigli, Morandi, Nathan e tra gli scultori Martini, Marino, Manzù, Messina.
Un’attenzione particolare sarà riservata all’area ligure-apuana, e quindi ai pittori versiliesi autoctoni, come Chini, Moses Levy, Viani, o d’adozione, come Carrà, Carena, De Grada, Funi, e quindi ai cantori delle terre di Liguria, come Telemaco Signorini e agli scultori apuani come Carlo Fontana e Arturo Dazzi.
Il mare rimane di tutti ma non appartiene a nessuno: così questi artisti hanno visto lo stesso mare, ma poi ognuno si è immaginato e figurato il suo.